Una fortezza
rosa pallido, che un tempo era stata la veranda di un caffè sovietico. Il mio
amico cerca di inquadrare “gli omini verdi” che vi si nascondono dietro, più
noti tra la gente come “i gentili uomini armati”. Sono gli stessi ragazzi in
uniforme russa con i mitra che sono comparsi improvvisamente in Crimea il 28
febbraio.
Si avvicina
correndo una giovane donna. “Perché li fotografate? Cosa siete, allo zoo?!” La
voce le si strozza e tremola. Le chiedo: “È nervosa?” “Sì, sono nervosa!”
“Perché? Li conosce questi ragazzi?”. Lei dice di no, ficca la mano nella
borsetta, ne estrae un cellulare e fotografa le nostre facce. Adesso qui molti
fanno così.
“Perché li
difende?” chiedo con interesse.
“Loro
difendono me, e io difendo loro!” butta lì lei, e corre nella banca lì accanto.
Ci guardiamo
stupiti: che cos’è avvenuto?
Forse è una
reazione tardiva al modo in cui la gente si faceva fotografare sullo sfondo dei
Berkut in via Bankova? Forse la donna pensava che la cosa li umiliasse...
Sereža è
arrivato oggi per la prima volta in Crimea e si rompe la testa. Racconta di
aver visto tra quelli dell’”autodifesa” un ragazzo con la bandiera ucraina. Ma
gli hanno spiegato che prendevano in giro gli attivisti “pro-Ucraina”.
Ogni
incontro tra i due campi fa scoppiare incidenti e rischia di degenerare in
rissa. Tutti quelli che stanno dalla parte ucraina, a detta degli altri, sono
degli “occidentalisti”, “partigiani di Bandera” e “majdanutye”. Sul Maidan li
pagavano, e ora sono venuti qui per soldi e per sconquassare la pacifica terra di Crimea.
Risposte
come “Ma io sono di qui!” non vengono prese in considerazione, chiunque non
abbia il nastrino di San Giorgio è un traditore. È così che dicono: traditori,
fuori dai piedi.
Allo stesso
tempo gli abitanti della Crimea non hanno un’unica posizione riguardo agli
eventi. E alcuni cambiano posizione ogni cinque minuti, a seconda
dell’interlocutore.
La
maggioranza è convinta che Janukovič abbia rubato come nessun altro governante
ucraino; ma allo stesso tempo lo considerano il legittimo presidente e accusano
Jacenjuk di aver preso illegalmente il potere con qualche altro “fascista
radicale”. Sono d’accordo sul fatto che anche il potere in Crimea è stato preso
illegalmente, ma “siete voi che ci avete dato l’esempio, e adesso cavatevela un
po’”.
Un uomo
massiccio in un meeting a Jalta si è messo a discutere con gli attivisti. Alla
domanda se ritenesse che la Crimea debba rimanere parte dell’Ucraina ha detto:
“Coosa? Cosa ha detto? Dentro questo progetto?”.
Evidentemente
non considera l’Ucraina uno Stato.
Il calore
della discussione era talmente alto e il livello talmente basso che era
semplicemente impossibile capire cosa vogliono esattamente gli abitanti della
Crimea. È un miscuglio di grano saraceno, semola e avena, irrorato di sciroppo
o forse d’acqua sporca del vaso da fiori.
Potrà il
referendum in Crimea rimettere le cose a posto?
E sarà in
grado il nuovo potere di garantirne la legalità?
Ho letto i
commenti dei lettori: alcuni pensano che reportage come i miei portino il paese
alla divisione. Ho riflettuto su cosa davvero possa aver provocato tutto questo
caos. È stato il cambio al vertice e l’attivizzazione del partito filoputiniano
“Unità russa” di Aksenov? O è stata la prima molotov lanciata a un Berkut?
Gli abitanti
della Crimea non recepiscono la retorica radicale, sono abituati alla
tranquillità e al benessere. Alcuni sono ancora convinti che la stagione
turistica comincerà e che tutto tornerà a posto.
È evidente
che qui è in corso la fase acuta di una grave malattia. Il virus era da tempo
sopito nell’organismo della Crimea, e ora si è attivato. Analgesici e
trattamenti sintomatici non saranno d’aiuto. Sarà necessaria una complessa e
dolorosa operazione, con anestetici e un lungo periodo di riabilitazione.
Ma per capire come guarire bisognerà calmarsi e
sbrogliare questo groviglio strano e terribile.
Ekaterina
Sergackova
Articolo originale su http://www.pravda.com.ua/
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