venerdì 14 marzo 2014

Interrompere la catena della violenza si può

Per chi non lo sapesse, quest’uomo si chiama Michail Gavriljuk. È lui che in febbraio, in via Gruševskij è stato catturato dalle forze dell’ordine. L’hanno picchiato bestialmente, l’hanno spogliato a 20 gradi sottozero, e l’hanno tenuto per qualche ora sul furgone cellulare (senza abiti), umiliandolo e schernendolo… Ma quest’uomo ha sopportato tutto con onore, senza incattivirsi. Ora è in corso il processo contro i suoi aguzzini. Il personaggio principale è un sottufficiale, che rischia 8 anni di prigione. Uno potrebbe dire: giusta punizione per tanta brutalità. E cosa fa Michail Gavriljuk?! Scrive un esposto in cui rinuncia a ogni pretesa contro l’imputato. Perché non vuole togliere il padre a dei bambini, lasciandoli di fatto orfani per 8 anni. E che quanto è accaduto costituisce già una punizione per il sottufficiale.
È per questo che amo i miei compatrioti! Perché sanno mettersi al di sopra di tutto questo fango, di questa menzogna e di queste calunnie. Perché sanno tener duro nelle situazioni più difficili senza inasprirsi. Rimanere puri e onesti nello spirito.

Per questo la stimo ancor di più, Michail. Grazie perché esiste. Mi inchino alla sua umanità. 

Alesha Sigov, dissidente ucraino