L’articolo che segue è stato scritto
da Andrej Zubov, politologo, storico, studioso di religioni e autore di una
delle migliori storie della Russia sovietica in circolazione, Storia della
Russia del XX secolo, ispirato dallo stesso Solženicyn.
L’articolo è stato pubblicato il 1° marzo sul quotidiano «vedomosti.ru».
da Vedomosti.ru 1 marzo 2014
Amici, siamo alle soglie. Non
dell’annessione di un nuovo soggetto della Federazione Russa. Ma della debacle
del sistema di accordi internazionali, del caos economico e della dittatura
politica. Siamo alle soglie della guerra con il popolo ucraino, il più prossimo
e più caro, di un brusco peggioramento dei rapporti con l’Europa e l’America;
alle soglie della guerra fredda, e magari anche di quella vera. Tutto questo si è già visto…
Amici, la storia si ripete. In Crimea
vivono effettivamente dei russi. Ma chi mai li ha oppressi, erano forse
cittadini di serie B, senza diritto alla propria lingua, alla propria fede
ortodossa? Da chi debbono difenderli i soldati dell’esercito russo? Chi li ha attaccati?
Inviare le forze armate di un paese straniero sul territorio di uno Stato
sovrano senza il suo consenso è un atto di aggressione. Occupare il parlamento
per mezzo di personaggi in uniforme senza segni di riconoscimento è un
arbitrio. Che il parlamento della Crimea voti una qualsiasi risoluzione in
queste condizioni è una farsa. Prima hanno occupato il parlamento, hanno
deposto il primo ministro sostituendolo con un altro filorusso, e poi il nuovo
premier ha chiesto aiuto alla Russia quando gli aiuti erano già lì e da
ventiquattrore controllavano la penisola. Tutto questo assomiglia come due gocce
d’acqua all’Anschluss del 1938. Anche il referendum-plebiscito tenuto un mese
dopo sotto gli auspici di amichevoli baionette. Allora fu il 10 aprile, ora
sarà il 30 marzo.
Ha considerato, il nostro governo, tutti i
rischi di questa incredibile avventura? Sono certo di no. Come non lo fece
Adolf Hitler a suo tempo. Se lo avesse fatto, non si sarebbe aggirato nel suo
bunker, nell’aprile del 1945, sotto le bombe sovietiche, e non avrebbe ingoiato
la fiala di veleno.
E se l’Occidente non si comporterà come
fecero Chamberlain e Daladier nel 1938, ma porrà l’embargo totale alla vendita dei
beni energetici e congelerà le proprietà russe nelle sue banche? L’economia
russa, che già sta agonizzando, crollerebbe in tre mesi. E comincerebbero dei
disordini qui da noi, che al confronto quelli del Majdan sembreranno il
paradiso terrestre.
Se poi i tatari della Crimea, che sono
categoricamente contro l’annessione alla Russia, che ricordano bene cos’ha fatto
a loro il regime nel 1944 [deportazione in massa ndt] e come non li ha lasciati ritornare fino al 1988, se, dico, i
tatari della Crimea chiameranno a difesa dei loro diritti la Turchia che ha la
stessa fede e lo stesso sangue? Perché la Turchia non è chissà dove ma sull’altra
sponda del Mar Nero. E la Crimea è stata turca ben più a lungo che russa, per almeno
quattro secoli direi. E i turchi non sono i signori Chamberlain e Daladier: nel
1974, per difendere i loro consanguinei, hanno occupato il 40% di Cipro e,
ignorando tutte le proteste, la tengono ancora col nome di Repubblica turca di
Cipro del nord, che nessuno riconosce tranne loro. Forse a qualcuno piacerebbe
avere una Repubblica turca della Crimea del sud? Se poi qualche testa calda tra
i tatari impugnasse le armi, i radicali islamici di tutto il mondo si
unirebbero a loro con gioia, soprattutto quelli del Caucaso settentrionale e
della Regione del Volga. Non finiremmo per portare la tempesta dalle spiagge
distrutte della Crimea dentro casa nostra? Non ci bastano gli attentati terroristici
che già abbiamo?
E infine, una volta ottenuta la Crimea
straziata dai dissidi interni, noi perderemmo per sempre il popolo
dell’Ucraina: gli ucraini non perdoneranno mai ai russi questo tradimento.
Pensate forse che non succederà, che il tempo medica le ferite? Non sperateci,
cari sciovinisti russi. Alla fine del XIX secolo serbi e croati si
consideravano un solo popolo diviso soltanto da un confine, dalla confessione
religiosa e dall’alfabeto. Volevano l’unità: quanti bei libri sono stati
scritti allora, bei libri intelligenti. Ed oggi non ci sono, forse, due popoli
che si odiano come i serbi e i croati. Quanto sangue è stato versato tra di
loro, e tutto per qualche fazzoletto di terra, per qualche cittadina e valle
dove avrebbero potuto vivere insieme, agiatamente e contenti. Avrebbero potuto,
ma non sono stati capaci. L’avidità di arraffare la terra del fratello ha
trasformato i fratelli in nemici. E nella vita di tutti i giorni non è forse lo
stesso? Vale la pena perdere per sempre un popolo fratello in nome di bramosie
irreali? Per non dire che diventerebbe inevitabile lo scisma della Chiesa
russa. La sua metà ucraina si staccherebbe per sempre da quella moscovita.
Ma il successo del Cremlino si
trasformerebbe in una disfatta ancora peggiore in caso di annessione della
Crimea. Se la cosa andasse facilmente in porto, un domani farebbero appello
alla Russia anche le regioni russofone del Kazachstan, e poi, a ben vedere, ci
sono anche l’Ossezia del sud, l’Abchazia, e la Kirgizija settentrionale. Per
Hitler dopo l’Austria ci sono stati i Sudeti, dopo i Sudeti il territorio di
Memel, dopo Memel la Polonia, dopo la Polonia la Francia, dopo la Francia la
Russia. Tutto era cominciato da così poco…
Amici, dobbiamo tornare in noi stessi e
fermarci. I nostri politici stanno trascinando il nostro popolo in una spaventosa
avventura. L’esperienza storica ci dice che niente si risolve in questo modo.
Non dobbiamo comportarci come fecero a suo tempo i tedeschi seguendo le
promesse di Gobbels e Hitler. in nome della pace nel nostro paese, in nome
della sua autentica rinascita, in nome della pace e dell’amicizia reale nei
territori della Russia storica, oggi suddivisi in molti Stati, diciamo “no” a
questa aggressione pazzesca e, soprattutto, completamente inutile.
Abbiamo perduto tante vite umane nel XX
secolo, che il nostro unico vero principio ispiratore dev’essere la
conservazione del popolo, come aveva proclamato il grande Solženicyn.
Conservare il popolo e non riprendersi le terre. Le terre si riprendono solo a
prezzo di sangue e lacrime.
Ne abbiamo abbastanza di sangue e lacrime!